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Notizia del 12/10/2016

da Bio Illogico, Bernardo Iovene, da Report del 10 ottobre 2016. È bastato cambiare un numero su un certificato per far passare undicimila tonnellate di grano duro convenzionale come biologico. La truffa è partita da San Paolo Di Civitate, provincia di Foggia. Gli enti che dovevano e potevano controllare sulla vendita se ne sono accorti sei mesi dopo, quando il grano è diventato semola e poi pasta spedita in tutto il mondo. VIDEO DEL SERVIZIO TV

Report Rai3: l’inchiesta sulla frode nel biologico. Grano e pasta convenzionali venduti come bio anche da Coop ed Esselunga. Federbio realizza un nuovo sistema di controllo contro le furberie

La frode del grano biologico raccontata da Report su Rai 3 nella puntata di lunedì 10 ottobre 2016 (vedi anteprima) narra una vicenda su cui riflettere, che però non deve gettare discredito su un settore che rappresenta un fiore all’occhiello dell’agricoltura italiana. La storia inizia con il Molino Grassi che chiede all’organismo di controllo una verifica sull’origine di una partita di 1900 tonnellate di grano duro proveniente da un’azienda agricola pugliese, la Liuzzi. Il grano non presenta residui di pesticidi (il mulino analizza i diversi lotti prima di metterli in lavorazione, e in caso di contaminazione l’avrebbe scoperto subito), ma c’è il sospetto che non possa qualificarsi come biologico, dato che l’azienda agricola venditrice non dispone delle superfici sufficienti a produrre quella resa. I controlli scattano solo dopo qualche mese  e si scoprono così anomalie sull’origine della materia prima e si decide il blocco delle partite in lavorazione sia nel Molino Grassi sia nelle sedi di altri operatori (i mulini Santacroce, De Vita e il pastificio De Matteis) che avevano acquistato le granaglie. Immediatamente vengono coinvolti anche altri pastifici che hanno trasformato la semola in pasta vendendola in Italia (anche a supermercati come Coop ed Esselunga) e all’estero. Partono le lettere e i supermercati, il 21 aprile provvedono al ritiro della merce presente sugli scaffali. I supermercati non procedono con un avviso pubblico perché non esiste rischio per la salute dei consumatori (la pasta non può essere classificata come bio, ma non ha residui di pesticidi).

 
Il mondo bio è soggetto a questo tipo di scandali per questioni di vantaggio economico
La storia si può raccontare dicendo che è bastato cambiare un numero su un certificato per far passare 11 mila tonnellate di grano duro convenzionale come biologico, e che gli organismi di controllo del biologico hanno scoperto e bloccare la frode ma forse potevano intervenire prima.  È vero che una parte della pasta ricavata è stata venduta da dettaglianti grandi e piccoli in Italia e all’estero, ma è anche vero che il 90% della farina e della pasta finta-bio è stata intercettata e declassata senza arrivare sugli scaffali.  È giusto dire che l’autocontrollo della filiera del biologico è scattato con qualche ritardo, ma in seguito a questo intervento sono state intercettate e bloccate buona parte dei lotti. C’è di più anche 4,2 milioni di pizze biologiche esportate in America (l’azienda pugliese aveva venduto anche una partita di finto pomodoro bio  da industria) sono state intercettate e declassate, perché contenevano circa il 12% di passata di pomodoro, senza residui, ma senza i requisiti  per poter essere classificata come bio.

Il mondo dell’agricoltura pulita è soggetto a questo tipo di scandali, perché il passaggio alla categoria dei prodotti senza pesticidi aumenta i margini ma è anche vero che a parte qualche incidente come quello della Liuzzi, la filiera è sana. L’anno scorso l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari ha controllato 1.800 imprese su un totale di 61 mila che operano nel settore, riscontrando solo 31 denunce penali.

 
L’anno scorso su 1.800 imprese controllate ci sono state solo 31 denunce penali
Per capire meglio va detto che il controllo obbligatorio, cui tutte le aziende del biologico devono aderire, prevede in genere una visita annuale effettuata da uno dei 14 organismi di certificazione (i sette soci di FederBio coprono il 90% degli operatori  italiani). Per migliorare questo sistema previsto dalla normativa di legge, FederBio insieme ad Accredia da circa un anno ha messo a punto una piattaforma informatizzata dove tutti gli operatori devono inserire i dati relativi alla tracciabilità delle operazioni di acquisto e vendita, l’indicazione dei volumi di prodotto, la superficie dei terreni agricoli certificati e altri dati. In questo modo è possibile in qualsiasi momento incrociare i dati e focalizzare le anomalie. Il caso Liuzzi riportato da Report, per esempio, non potrebbe ripetersi perché il sistema informatico non validerebbe l’offerta di quantità di prodotto sproporzionate da parte di un piccolo produttore. Secondo FederBio nella prima settimana di attività la nuova piattaforma ha permesso la scoperta di tre anomalie che il sistema cartaceo previsto dalla legge avrebbe scoperto un anno dopo. Il nuovo metodo informatico è stato approvato anche da catene di supermercati come: Coop, Esselunga, Ecor NaturaSì e i maggiori mulini italiani (compreso il Gruppo Casillo, leader mondiale nella trasformazione e commercializzazione del grano duro), che pretendono dai fornitori l’adesione alla piattaforma. Secondo le previsioni nel 2017 la maggior parte del mondo biologico dovrebbe adottare questo nuovo sistema di controllo informatico.

Esselunga e Coop chiamate in causa da Report hanno così risposto

 Esselunga conduce una politica di estrema tutela nei confronti del consumatore. Infatti seleziona e qualifica direttamente i fornitori eseguendo audit frequenti e sottopone i prodotti ad un piano di campionamento annuale; Infatti per i fornitori in causa (De Matteis e Molino Grassi) ha siglato capitolati tecnici dove ha richiesto la presenza di un sistema di qualità gestito che controlli e verifichi l’operato dei sub fornitori e che vengano eseguite analisi su materie prime (grano), semilavorati (semole) e prodotti finiti (pasta). Ogni fornitore esegue almeno 60 analisi/anno per la ricerca dei soli agro farmaci (pesticidi) ed in particolare i due fornitori specifici complessivamente hanno eseguito analisi su circa 300 campioni di grano, semola e pasta. Tutte le analisi sono risultate conformi. I fornitori sono Certificati da uno degli organismi preposti dal Ministero e subisce dagli stessi audit con relativi verbali di sorveglianza biologica che evidenza la conformità degli stessi. Questo è quanto abbiamo verificato in fase di audit. I fornitori devono approvvigionarsi da sub fornitori certificati a loro volta e in caso di dubbio chiedere conferma di verifica al proprio organismo di certificazione. Nel caso in esame non sono state evidenziate criticità. I relativi organismi di certificazione hanno visitato i fornitori, i sub fornitori ed eseguito analisi su diverse materie prime senza evidenziare anomalie. Al fine di rendere più sicure le proprie filiere Esselunga ha già definito ulteriori prerequisiti ancora più restrittivi, e chiesto ai fornitori di: – eseguire obbligatoriamente audit ai subfornitori circoscrivendo il numero; – eseguire analisi in tutte le fasi della filiera; – rendere la filiera visibile e trasparente con l’adesione alla piattaforma informatica ideata dalla Federazione del Biologico. Anche i rapporti commerciali con i fornitori sono molti stretti con ordini giornalieri continui e costanti e con telefonate di messa a punto frequenti; le promozioni sono programmate secondo un piano istituzionale definito e preciso, in modo da permettere ai fornitori degli approvvigionamenti programmati anche in occasione di grandi volumi.

 Coop per il prodotto a marchio non ha rapporti diretti commerciali con gli operatori da voi citati. A fronte della notizia dataci da Federbio, con il quale è attivo un accordo di collaborazione per il contrasto alle frodi, del coinvolgimento dell’azienda Liuzzi con la possibile commercializzazione di grano non biologico, abbiamo attivato le procedure di verifica dei prodotti Viviverde Coop (la linea biologica a marchio Coop) che ha standard più restrittivi rispetto ai prodotti tradizionali. Il nostro sistema di verifica dei prodotti biologici prevede infatti la possibilità di risalire la filiera fino alle aziende agricole e grazie a questo sistema abbiamo chiesto ai nostri produttori di tracciare il grano bio in tutti i prodotti a marchio biologici per verificare se vi erano state forniture dalla suddetta azienda. Il 21 aprile abbiamo ritirato in via precauzionale e tempestivamente alcuni lotti di 4 referenze di pasta Viviverde che avevano lotti di semola che potevano contenere grano duro anche dall’azienda Liuzzi, fornito dal Molino Grassi. Siamo purtroppo stati vittima della frode come il nostro produttore, una prima stima del danno subito si attesta intorno ai 60.000 euro senza tenere conto delle mancate vendite e ancora di più dell’eventuale danno reputazionale. L’avvio pressoché immediato delle procedure di ritiro ha circostanziato l’episodio. Coop dunque nella vicenda trattata è parte lesa, ha comunque agito responsabilmente e sta lavorando per evitare in futuro il ripetersi di casi simili. Coop ha già richiesto da tempo ai fornitori il controllo della filiera e l’adesione alla banca dati dei cereali di Federbio, una misura adeguata a garantire un controllo più puntuale.

FONTE: Il fatto Alimentare



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