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Notizia del 30/03/2017

L’Italia è il primo Paese Ue per numero di prodotti Dop, Igp e Stg. Tanta qualità, non sempre valorizzata e protetta a dovere, che però ora ha dei nuovi alleati: Internet of Things, cloud, sensori e droni. Dall’agricoltura di precisione alla zootecnia, sono già numerose le imprese innovative in campo
Andrea Frollà
Agroalimentare 2.0, dalle startup occasione d'oro per il made in Italy L’innovazione digitale è un alleato micidiale del settore agroalimentare e l’Italia è tra i Paese più all’avanguardia su questo fronte. Dal monitoraggio delle filiere al controllo qualità sul prodotto finale, gli anelli della catena produttiva che oggi hanno solo che da guadagnare dalla nascita di sistemi e soluzioni 2.0 per l’agricoltura e l’allevamento sono moltissimi. Tecnologie come l’Internet of Things, il cloud, la robotica e i droni stanno scrivendo una pagina nuova delle tecniche di raccolta, produzione e trasformazione fra i campi e le stalle. Non perdiamo mai l’occasione per tessere le lodi del nostro cibo e dei nostri vini. E grazie all’evoluzione digitale probabilmente potremo continuare a farlo a lungo.

Secondo l’Osservatorio Smart AgriFood, creato del Politecnico di Milano in collaborazione con l’Università di Brescia, la panoramica delle principali soluzioni offerte dal mercato italiano per la filiera agrifood (circa 180), in particolare a supporto delle attività in campo, dell’allevamento e della trasformazione primaria, ha già una sua forma. Alcune innovazioni si riferiscono a due o più ambiti di quelli mappati dalla ricerca, da cui emerge che la maggior parte delle soluzioni, circa l’80%, abilita la cosiddetta agricoltura di precisione, cioè le attività di monitoraggio delle colture e delle apparecchiature a distanza, mappatura e analisi del terreno, irrigazione e fertilizzazione mirata, simulazioni e analisi predittive. La zootecnia e le applicazioni per il monitoraggio della posizione e soluzione per il controllo dello stato di salute degli animali conquistano appena un 7%.

Stessa percentuale del mondo animale anche per la tracciabilità, al cui interno rientrano i sistemi sviluppati per ottenere un maggiore controllo della qualità del prodotto e allo stesso tempo diminuire il rischio di contraffazione. Infine, il 5% delle soluzioni riguarda la dematerializzazione delle procedure, ovvero la progressiva sostituzione dei supporti tradizionali della documentazione in favore delle corrispondenti versioni digitali.
C’è un tema che è trasversale a tutte le soluzioni mappate dall’Osservatorio e che tocca oltre un quarto dei progetti innovativi: la qualità alimentare e ambientale. Per un Paese come il nostro che fa del food un vanto mondiale, con il primato Ue per numero di prodotti Dop, Igp e Stg, è sicuramente una buona notizia. Soprattutto sul versante export, con la domanda di Made in Italy di alto livello che non è mai venuta meno. Oggi, anche grazie al boom di chef, coltelli e cucine in tv, c’è un livello di attenzione maggiore alla qualità di ciò che va in tavola. In questo contesto le tecnologie digitali possono fungere da grande alleato di chi punta su elevati standard e basso impatto ambientale. Si pensi alle soluzioni che, permettendo l’identificazione dei prodotti lungo l’intera supply chain, garantiscono il prodotto finale da eventuali sofisticazioni.

La maggior parte (64%) dei sistemi digitali per l’agroalimentare sviluppati finora in Italia si basano sulle tecnologie di Internet of Things, cioè su sensoristica avanzata che permette di monitorare in tempo reale ciò che succede a un animale o a una pianta. Generalmente a questi sistemi di IoT si accompagna una piattaforma in cloud dedicata, così da poter consultate i dati da remoto tramite computer o smartphone. Ma non mancano certo applicazioni software, robot, piattaforme web e droni.

Tutte tecnologie che producono grandi quantità di informazioni. «È da tempo che si dice che siamo nell’economia dell’informazione e che i dati sono il nuovo petrolio – spiega Filippo Renga, direttore dell’Osservatorio Smart AgriFood - Non fa eccezione la filiera agroalimentare del futuro, che produce una notevole mole di dati sia durante le fasi produttive – dalla produzione agricola alla trasformazione alimentare – sia al momento del consumo alimentare”. Questo scenario pone però secondo Renga un problema rilevante: di chi sono questi dati e chi li potrà gestire e valorizzare? «Siamo all’inizio di questo fenomeno, ma certamente possiamo dire che gli attori meno pronti e più deboli sono quelli più piccoli e disaggregati: aziende agricole, piccoli produttori alimentari e consumatori. È auspicabile – sottolinea Renga - che il valore generato sia distribuito sul tutta la filiera agroalimentare e non venga accumulato su alcuni grandi attori, come invece sta accadendo nel web».

L’Osservatorio Smart Agrifood ha elaborato anche una ricerca ad hoc sul mondo delle startup che oggi dominano il panorama tecnologico in ambito agroalimentare: un esercito di nuove imprese pronte a darsi battaglia a suon di innovazione. La ricerca, che ha preso in esame le nuove imprese innovative finanziate, ha individuato nel comparto agroalimentare 182 startup per un finanziamento complessivo da oltre 630 milioni di dollari. Se si può quasi considerare scontata la predominanza statunitense nel contesto internazionale (47%), stupisce invece positivamente il posizionamento italiano: l’11% delle startup analizzate ha sede in Italia. Così, mentre in altri settori come il turismo o la finanza rincorriamo l’evoluzione digitale altrui, nel caso dell’agroalimentare siamo tra i Paesi trainanti.

Esempi di innovazione nostrana ce ne sono moltissimi. A partire da Omica, che integra sensori, immagini satellitari e piattaforme a supporto degli agricoltori, ed Elaisian, che progetta soluzioni specifiche per il settore olivicolo. Ma c’è anche XNext, che punta sui raggi X per la verifica della qualità degli alimenti, o Wenda, con il suo tappo hi-tech in grado di fornire diverse indicazioni non solo sul vino che copre ma anche su come viene trattato durante il trasporto. Queste sono solo alcune delle realtà italiane che stanno puntando sull’innovazione per l’agroalimentare. Altre, c’è da scommettere, se ne aggiungeranno presto. E per un Paese come il nostro può essere solo una bella notizia.



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