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Noticias de 24/03/2017

I latticini che arrivano dagli altri Paesi Ue non dovranno indicare da dove arriva la materia prima. L'avvocato esperto in diritto alimentare: "In Europa esiste un regolamento su questo ma non ci sono le norme attuative. Solo la Francia e ora anche l'Italia hanno deciso di metterla in pratica". Così per il consumatore avere informazioni complete resterà una chimera

Il diritto di sapere con chiarezza da dove provengono e dove sono stati lavorati i prodotti che acquistiamo al supermercato deve fare i conti con la burocrazia e i tanti confini che esistono ancora in Europa ancora è costretta. Il 20 aprile prossimo entrerà in vigore in Italia un decreto ministeriale che stabilirà l’obbligo di indicare sulle etichette del latte e di tutti i prodotti lattiero caseari (formaggi, yogurt etc, etc) il Paese di mungitura, assieme a quello di lavorazione, ma in linea di massima solo se italiani. Gli scaffali dei nostri supermercati, quindi, non saranno affatto al riparo da etichette poco chiare, apposte su merci in arrivo da paesi stranieri. Magari anche da quelli in cui i controlli sulla salubrità degli ingredienti sono a maglie larghe o larghissime e per i quali non ci sarà alcun obbligo per quel che riguarda l’indicazione dell’origine della materia prima.

“Il consumatore non riuscirà a districarsi” – Le associazioni di allevatori sono divise. Se da una parte Coldiretti plaude al provvedimento, la Copagri lo critica apertamente. “Del resto parlare di latte in questo Paese non è mai stato né semplice né agevole”, dice a ilfattoquotidiano.it una figura molto addentro al settore e che lo studia da decenni, ma vuole restare anonima. “Da un punto di vista puramente compositivo – dice – noi abbiamo il peggior latte tra i paesi a vocazione lattiera d’Europa. Ma lei pensi il vespaio che si solleverebbe se io dicessi queste cose apertamente. E poi se dicessi che il latte sloveno è migliore del nostro”. Continua la fonte: “Venendo poi alle etichette, lei pensa che il consumatore medio italiano sarà in grado di leggerle? Tra dati nutrizionali, luoghi di origine, differenze tra lavorato, trasformato e ‘made in…’ chi riuscirà mai a districarsi?”.

L’obbligo vale solo per chi produce in Italia o Francia – Eppure tra i consumatori europei la voglia di capirci qualcosa è alta. Secondo un sondaggio Eurobarometro del 2013, la maggior parte dei cittadini dell’Ue (84 per cento) ritiene necessario indicare sul formaggio o sul brick il Paese dove il latte è stato munto o trasformato. Ma il Vecchio continente continua a non uniformarsi. Dal prossimo 20 di aprile saranno solo due i paesi nei quali sarà obbligatorio segnalare il luogo di mungitura e della lavorazione del latte e dei latticini: Francia e Italia. “Ma quest’obbligo si applica solo al latte e ai prodotti lattiero-caseari fabbricati nel territorio dei paesi la cui normativa sancisce l’obbligo di indicazione dell’origine della materia prima in etichetta. Principalmente, quindi, ai prodotti fabbricati in Italia e Francia”, spiega l’avvocato Barbara Klaus dello Studio legale Rödl & Partner di Milano, esperta in diritto alimentare. ”Le rispettive leggi nazionali – continua il legale – prevedono infatti che tali norme non si applichino ai prodotti legalmente fabbricati o commercializzati in altri Stati membri o in Paesi terzi. Per esempio visto che in Germania e in Austria la normativa non prevede tale indicazione dell’origine in etichetta, il latte e i prodotti lattiero-caseari (formaggi, yogurt etc.) fabbricati o commercializzati in questi paesi possono essere introdotti e commercializzati sul mercato italiano, senza indicare il luogo di mungitura e di condizionamento o trasformazione nell’etichetta”.


I prodotti spagnoli, tedeschi e austriaci continueranno a non indicare l’origine – Ne perde evidentemente la completezza dell’informazione. Sugli scaffali i prodotti lattiero caseari italiani e francesi indicheranno il luogo di provenienza del latte; quelli spagnoli, tedeschi, austriaci, olandesi e altri, no. Resteremo all’oscuro sia delle mungiture fatte in zone border line quanto a salubrità del prodotto, sia di quelle fatte in luoghi che abbiamo saputo offrono un latte migliore, come la citata Slovenia. In più, secondo altri esperti, il nostro Decreto ministeriale risulterà sostanzialmente depotenziato dalla libera circolazione delle merci, libertà fondamentale garantita dal diritto europeo, e dall’articolo 60 del Codice doganale dell’Unione europea. E non si potrà far nulla contro l’ingresso in Italia di prodotti lattiero-caseari con etichette poco chiare. “Nella realtà la norma è solo un grande spot elettorale; una ‘fake’ usando un termine inglese tanto di moda”, scrive sul suo blog Piero Nuciari, un agente scelto della Polizia annonaria del comune di Monte Urano in provincia di Fermo, diventato un blogger molto seguito sulle normative alimentari, animatore di www.pieronuciari.it.

“Logiche di mercato manovrate da chi non vuole chiarezza” – “E dire che in Europa già esiste un regolamento che obbliga a indicare il luogo di origine di un prodotto lattiero caseario”, dice l’avvocato Carlo Correra, anche lui esperto in diritto alimentare ma con studio a Salerno. “Il fatto è che di questa norma, la 1169 del 2011 – prosegue – non esistono le norme attuative e così non ha mai avuto alcun effetto. Solo la Francia e ora anche l’Italia hanno deciso di metterla in pratica, mentre altrove è rimasta lettera morta. Probabilmente – conclude l’avvocato Correra – questo corrisponde a certe logiche di mercato manovrate da chi non ha alcun interesse a fare chiarezza”. Anche se il consumatore, giustamente, la pretende.



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